7 Corriere
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Chiedimi com'erano gli anni 60
9 settembre 2022
Anni Sessanta. Quando eravamo giovani, il libro di Maria Luisa Agnese dedicato al decennio che ha cambiato la storia dell’Italia, si apre con l’immagine di un treno bianco e rosso che attraversa a sei metri d’altezza la fiera di Torino di Expo ’61. Un prodigio da guardare con l’incanto dello sguardo di una bambina. Era la monorotaia ALWEG, simbolo di un Paese che ripartiva dopo la guerra e che si apriva a un decennio di crescita e spensieratezza, di vita godereccia e consumismo, ma anche di venticinque governi diversi in dieci anni e un incipit di violenza che esploderà in quelli successivi. Un decennio che si apre con gli scontri di Genova e i morti di Reggio Emilia e si chiude con le bombe in Piazza Fontana. Un decennio che continua a parlarci di noi, a influire sulla nostra cultura, sulla musica, sull’italianità. E parla anche a me, millennial, che ha chiesto a una baby boomer che l’ha vissuto e raccontato in questo libro, cosa lo rende simile e diverso dai tempi interessanti che viviamo oggi.
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Quanto razzismo nascosto in noi davanti a una chioma afro
17 dicembre 2021
La chioma», diceva Ifemelu in Americanate di Chimamanda Ngozi Adichie, «è una metafora razziale». Quando la protagonista del romanzo decide di tagliarsi i capelli, si vede brutta. «Sei bellissima», ribatte l'amica Wambui. «È solo che non sei abituata a vederti così». Quando Ifemelu per caso vede la fotografia di una ex del suo ragazzo, va in crisi: non sarà bella, ma almeno quella ha i capelli lunghi, lisci e biondi. I capelli la ossessionano, nel libro sono citati decine e decine di volte. Non è soltanto una questione di aspetto fisico o di canoni di bellezza, ma la chioma rappresenta un'oppressione più sottile che passa dal non vedersi rappresentate e riconosciute; non dall'essere additate come mostri, ma dal non essere additate mai.
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Un altro Hemingway, con i capelli tinti biondo platino
21 giugno 2021
Tra le centinaia di fotografie mostrate in Hemingway, il monumentale documentario diretto da Ken Burns e Lynn Novick per la Pbs, la tv pubblica americana, ce n’è una in particolare che rompe ogni regola. Mostra lo scrittore, ormai quasi cinquantenne, seduto su una sedia nel giardino della sua Finca Vigia a Cuba con i capelli tinti di biondo platino, uguali a quelli della quarta moglie Mary Welsh. Anche ne Il giardino dell’Eden, libro scritto tra il 1946 e il 1961 ma uscito postumo e incompleto nel 1986, succede qualcosa di simile: lo scrittore David, in luna di miele in Costa Azzurra con la moglie Catherine, la accompagna dal parrucchiere e si fa tagliare e decolorare i capelli come lei. La sera, nel guardarsi allo specchio, David vede che è diventato qualcun altro pur sentendosi meno estraneo a sé di prima.
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Il femminismo è un profumo. Non ha leader, non ha madri
21 maggio 2021
«Non voglio parlare in termini di generazioni» è la prima cosa che mi dice Ritanna Armeni quando la incontro per parlare del suo nuovo romanzo, Per strada è la felicità , per Ponte alle Grazie. Ma nella nostra conversazione questa parola continua a tornare. Sembra impossibile non parlarne mentre metto a confronto la storia della protagonista Rosa — studentessa universitaria che dalla provincia si trasferisce a Roma e scopre le lotte dell’autunno caldo e il movimento delle donne — con la mia esperienza di giovane femminista. E con quella di Ritanna Armeni, che ha alle spalle decenni di lavoro e impegno politico.