I miei libri.
La fabbrica di bottoni.
Rizzoli, 2023.
Padova, 1967. Quando Carla lascia il paese per lavorare in città come segretaria alla fabbrica di bottoni Zedapa, ha poco più di vent’anni ma le idee molto confuse su cosa si deve fare con i maschi e soprattutto col proprio corpo. Di fidanzati o "tosati", come dicono dalle sue parti, non ne ha ancora avuti. Insomma, è una ragazza perbene che non ha mai messo in discussione l’educazione cattolica ricevuta dalla famiglia. L’impatto con Padova, dove l’attende una routine di turni e rigide regole, e poche relazioni se non con le colleghe dell’ufficio, non è lo scossone che si aspettava. Finché un giorno, per strada, le allungano un volantino con una domanda che la spiazza: “Conosci il tuo corpo?”. È l’invito a unirsi a un gruppo di autocoscienza per ragazze. Intimorita e insieme curiosa – e la curiosità, le hanno insegnato, è sempre peccato – Carla prende coraggio e decide di partecipare, unica ragazza di campagna in mezzo a tante studentesse. Così, seduta a terra in cerchio tra di loro, con uno specchio in mezzo alle gambe, imparerà che per scoprire chi è davvero deve avere la forza di mettere da parte tutto ciò che le è stato imposto e osservare i propri desideri.
In una storia intima e perfettamente congegnata, Jennifer Guerra si appropria del sesto comandamento, “Non commettere atti impuri”, per raccontarci una piccola, personalissima rivoluzione, alle soglie della nascita del movimento femminista in Italia.
Il femminismo non è un brand.
Einaudi, 2024.
Oggi a un’adolescente basta aprire Instagram per imbattersi in riflessioni femministe (o pseudofemministe), risparmiandosi la necessità di unirsi a un collettivo o a un gruppo di autocoscienza. Brand di abbigliamento si improvvisano femministi e producono magliette in serie con frasi inneggianti al girl power. Pagine social e piattaforme digitali graficamente accurate alternano post o storie motivazionali a inserzioni pubblicitarie. Innumerevoli servizi immateriali propongono corsi sull’empowerment, sulla valorizzazione femminile, su come rendere piú women friendly il proprio business. Inoltre l’ossessione recente per le celebrity femministe promuove l’idea che un certo tipo di femminismo sia da mettere in soffitta per fare spazio a un femminismo nuovo, egemonico, che nasconde sotto il tappeto i pensieri piú radicali e si fa portatore di valori positivi, anche se profondamente contraddittori. Come scrive Jennifer Guerra in questo saggio acuto, la recente riemersione del soggetto politico femminista in un paradigma economico che non si fa scrupoli a capitalizzare i temi sociali in nome del profitto ci pone di fronte a delle sfide nuove. Il primo nodo da sciogliere è se le aziende e i marchi si meritino il «patentino» del femminismo e il secondo, forse piú impegnativo da sbrogliare, riguarda l’influenza che la nuova postura della brand identity esercita sulla pratica femminista. Per tentare di dare una risposta a queste domande, è necessario capire come si è arrivati a questo punto.
Un’altra donna.
UTET, 2023.
Per millenni la donna è stata definita per difetto rispetto all’uomo: secondo Platone la donna è meno virtuosa, per Rousseau è più debole e passiva, per Schopenhauer ha minor raziocinio. E se il carattere femminile era ridotto a una semplice somma di difetti e limitazioni, lo stesso succedeva al corpo, meno adatto alle fatiche e al lavoro, gravato dal peso del ciclo mestruale e della gravidanza, spesso un vero e proprio ostacolo, o almeno un ingombrante fardello.
Il sesso femminile era insomma una semplice deviazione dalla normalità, dal vero Sesso, quello maschile. Ed è su questa idea che si sono gettate le fondamenta della sottomissione femminile, forgiate le chiavi con cui le donne sono state relegate dentro lo spazio domestico.
Oggi il sistema patriarcale che per secoli ha governato la società è sistematicamente contestato e anche le differenze biologiche o culturali tra i generi, saldo fondamento del vivere occidentale, non sono più un dato oggettivo. Gli steccati che dividono le donne dagli uomini stanno rapidamente rovinando, come spiega in questo breve libro acuminato Jennifer Guerra: «Non c’è più un confine da attraversare, per determinare quella divisione, ma si è aperto uno spazio di possibilità. Qualcosa che non nasce, diventa». Sembra poco, ma è il primo passo di una rivoluzione copernicana, un cambiamento capace di sovvertire la gerarchia sociale primaria, ovvero quella tra i sessi. E se i sessi perdono la loro funzione, che cosa può succedere alla società?
Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario.
Bompiani, 2021.
La nostra società si comporta come un amante dal cuore spezzato: è cinica e sprezzante nei confronti dell’amore, considerato un sentimento stupido, inutile o noioso, una fantasia per adolescenti, un ripiego per chi non sa stare solo, un lusso per pochi.Concentrati su noi stessi, ci vediamo rubare il tempo che potremmo usare per coltivare le relazioni con gli altri, amore compreso. Ma il rimedio a questa crisi dell’amore esiste. Nell’epoca in cui le relazioni si basano sullo scambio, sull’utilità, sulla convenienza, sulla compatibilità, lasciare spazio invece a un amore incondizionato e libero, capace di passare dal singolo alla comunità, può essere una delle azioni più antisistema, rivoluzionarie e coraggiose che possiamo fare per cambiare la nostra società: un vero atto di resistenza in questi tempi sempre più divisi.
Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà.
Tlon, 2020.
«Canto il corpo elettrico / le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio / non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro / e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell’anima».
Così Walt Whitman racconta il corpo umano in Foglie d’erba: inizio e limite di ogni nostra azione, primo confine dell’universo. Oggi il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello della donna, che si fa terreno simbolico, campo sui cui combattono forze diverse e in contrapposizione.
In ll corpo elettrico, Jennifer Guerra traccia un percorso che parte dall’autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio: il personale che è politico, l’autocoscienza che passa dal desiderio e la Sorellanza, attraverso l’educazione sessuale e l’inclusione delle persone trans e non binarie.
Al centro di questo percorso il corpo ribelle e desiderante, il Soggetto da cui dovremmo ripartire, l’unico bene che nessuno può toglierci.
Altri lavori.